domenica 9 settembre 2012

Amore per la fame "The great Famine"


 
Sembra un caso che da dopo il dopoguerra le uniche grandi carestie che hanno colpito paesi non africani riguardavano i sistemi comunisti (Urss, Cambogia, Cina, Corea del Nord)? No da come spiegano Haggard e Noland, la comunità internazionale ha ormai sviluppato un sistema avanzato di raccolta e di distribuzione di aiuti alimentari in grado di colmare le immediate necessità umanitarie dei paesi con problemi inerenti alla scarsità di viveri.
Dove invece le politiche chiuse di un paese nascondono i problemi e provocano ritardi sugli appelli umanitari o impediscono agli stessi di raggiungere la competente destinazione ecco che si materializzano alcune delle cause di una carestia. La carestia pertanto secondo gli autori e giudizio ormai condiviso dai maggiori economisti dello sviluppo non va mai presa come un effetto unico di disgrazie naturali e inevitabili forze maggiori, ma anche anzi soprattutto come un risultato di azioni o di politiche umane.
In "Famine in north korea" gli autori analizzano la grave carestia nord coreana che secondo le stime del libro ha ucciso dalle 600.000 a 1.000.000 di persone nel periodo 1994-98, come risultato di una serie di concause di responsabilità prevalentemente anche se non esclusivamente governativa.
La corea del nord è un paese prevalentemente montuoso, con un clima rigido in buona parte dell'anno e pertanto non adatto all'agricoltura. All'incirca il 20% della superfice è coltivabile, ma in compenso ha buone risorse minerarie, (ferro, oro, carbone...) che rendono il territorio poco adatto all'agricoltura e più propenso allo sviluppo industriale. Lo capirono già i giapponesi che durante l'occupazione usarono il sud come granaio mentre disloccarono le nascenti industrie nel nord.
Liberata dall'invasione del Giappone e passata la guerra civile contro il sud, la logica vorrebbe che mancando i rifornimenti di cibo da Seul, la Corea del Nord si dotasse di un apparato industriale che meglio può configuarsi in quel territorio in grado di ricavare la moneta estera sufficiente per coprire il fabbisogno alimentare dei propri cittadini. 
Invece il maresciallo Kim il Sung promosse la politica del Juchè un rielaborato personale del marxismo che oltre a prevedere l'abolizione dei mercati, della proprietà privata, la collettivizzazione dell'agricoltura e un sistema pianificato di distribuzione del cibo, aveva come scopo l'autosufficienza economica intesa in senso prevalentemente autarchico. Dal punto di vista alimentare si configurò via via come un obbiettivo (o meglio miraggio) non solo nazionale, ma soprattutto provinciale, limitando le varie autorità locali a chiedere aiuto ai propri vicini in caso di penuria di alimenti.
Dal punto di vista industriale si copiò il sistema sovietico di sviluppo dell'industria pesante che oltre a drenare gran parte della popolazione destinata all'agricoltura (in contraddizione sull'autosufficienza alimentare) si concluse in un totale fallimento.
Il Grande Leader cercò di rispondere alla fuoriuscita di manodopera dall'agricoltura varando programmi di uso intensivo prima e per l'ampliamento del territorio coltivabile poi. La corea del nord importò per un uso massicccio, fertilizzanti dall'unione sovietica che ebbero l'effetto di impoverire il suolo, in un secondo tempo l'allargamento della superficie per la coltivazione si risolse nel disboscamento e nel dissesto geologico che fu la premessa per le inondazioni del 1995, insomma tanti danni senza soddisfare il fabbisogno alimentare del paese.
Pertanto le politiche economiche formarono un paese mal industrializzato e insufficiente anche dal punto di vista agricolo, che in barba alla propaganda di autosufficienza fu uno stato costantemente assistito, un fardello ingombrante a carico dell'unione sovietica e dei propri alleati.
Al peggioramento delle condizionni dell'economia comunista già nella seconda metà degli anni '80 che determinarono un minor fornimento di fertilizzanti e che si ripercossero nella produzione agricola, Pyonyang rispose tagliando le forniture di cibo attraverso il sistema di distribuzione e scaricando interamente il problema sui propri cittadini. 
Inoltre l'Urss iniziò a tagliare i rifornimenti di cibo e l'assistenza tecnica in risposta ai mancati pagamenti dei debiti arretrati. La sostituzione parziale come primo partner da parte della Cina negli anni '90 dopo il crollo dell'Urss non risorse il fabbisogno alimentare della DPRK che ebbe il colpo di grazia nel periodo 1993-94 quando la Cina bloccò le spedizioni di grano a causa degli ennesimi mancati pagamenti dei debiti arretrati, dando il via alla grave emergenza alimentare conosciuta come la Grande Carestia Nord Coreana.
Le inondazioni del 1995 che diedero l'occasione al governo di Pyonyang per fare un disperato appello alla comunità internazionale presentandosi come una vittima di disgrazie naturali. Le catastrofi naturali non determinarono la carestia ma l'aggravarono e misero in evidenza l'inerzia del governo nord coreano che lasciò per almeno un anno la propria popolazione a se stessa senza intraprendere alcuna azione.
Inoltre in concomitanza con la politica del Songun che diede priorità all'esercito in ogni affare della vita politica del paese, incrementò le importazioni di materiale bellico, diminuendo le importazioni di cibo in sostituzione dell'aumento degli aiuti, procrastinando pertanto il periodo di massima emergenza fino al 1998-1999 nonostante gli sforzi della comunità internazionale.
Il resto è analisi degli aiuti umanitari che sono stati prima richiesti e poi costantemente ostacolati dal governo di Pyonyang, con interi dipartimenti non accessibili dal personale delle Nazioni Unite, diversione degli aiuti stessi sia da parte degli alti quadri che da parte dei responsabili locali per consumo proprio o per il mercato nero, collegato con il taglio dei rifornimenti da parte del governo nelle zone più colpite dalla carestia specialmente nelle province est del Nord e Sud Hamgyong, determinando lo sterminio della popolazione.
Anche le omissioni della comunità internazionale sono analizzate nel libro.
La conclusione degli autori è che le responsabilità per questo crimine contro l'umanità, sono di natura dolosa da addebitarsi principalmente al governo nord coreano.

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